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A differenza di molte altre orchidee, per le orchidee pleione l’aspetto della tecnica colturale che risulta più importante è quello della ventilazione; che si tratti di freddo o di gran caldo infatti, la pleione vuole una ventilazione che le permetta per esempio di sopportare qualche gelata (asciugando i residui di acqua nel terreno e tra le foglie) oppure di tenere testa a temperature intorno ai 30 gradi che altrimenti non potrebbe sopportare (in questo caso è bene anche sospendere ogni tipo di concimazione, per evitare eccessive concentrazioni saline nella pianta). In generale però le temperature ideali per l’orchidea pleione sono di circa 5 gradi centigradi in inverno, quando va in riposo vegetativo (in questo caso non deve preoccupare la caduta di tutte le foglie, è normale per questa fase della pianta e ricresceranno quando sarà finita), mentre si aggirano intorno ai 25 gradi centigradi di giorno e ai 15 gradi centigradi di notte in estate. Per quanto riguarda il discorso luce, la discussione si può limitare alla sola fase primavera – estate – autunno, in quanto la pianta di orchidea pleione va in riposo vegetativo in inverno e quindi la luce che riceve è ininfluente. Dalla primavera in avanti, con il progressivo stabilizzarsi della temperatura, la pleione può essere esposta ad una luce abbondante, ma non assolutamente diretta (rischieremmo di bruciare la pianta, oppure di compromettere tutta la fioritura); è importante che si formi un abbinamento di luce ed aria, che garantirà la forza alla pianta di resistere anche al gran caldo. Il posto ideale è all’ombra di un’altra pianta in un luogo magari esterno ma molto riparato.
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Il terreno perfetto per la vita dell’orchidea pleione è quello che vede come caratteristiche salienti una perfetta capacità di aerazione, quindi gli ingredienti a cui dobbiamo puntare sono: il bark, la corteccia (piccole, medie e grandi dimensioni), lo sfagno, la perlite, aghi di conifere come il pino.
Il rinvaso non è una delle operazioni più importanti per l’orchidea pleione; ciò è dovuto al fatto che essa non presenta un apparato di radici sviluppatissimo, anzi le radici di questa orchidea sono molto restie a scendere in profondità ed anche a svilupparsi (anche nel caso delle specie terrestri). Ciò ci deve indurre a scegliere un vaso non profondo e comunque non molto più largo del precedente; l’unica cura da avere è, come per tutte le orchidee, quella di trattare davvero con i guanti bianchi le radici, molto sensibili a ferite e tagli che possono indurre malattie e funghi pericolosi per la sopravvivenza della pianta.
Come abbiamo appena visto nel capitolo rinvaso, l’orchidea pleione si distingue per non possedere delle radici particolarmente corpose ed estese; più precisamente, non amano scendere in profondità ma preferiscono allargarsi orizzontalmente, anche se molto limitatamente.
Questo aspetto della cura di un’orchidea pleione è molto interessante, in quanto tutte le specie di questo genere si caratterizzano per produrre i cosiddetti “bulbilli”, ovvero dei bulbi molto piccoli che si formano sopra i pseudo bulbi della pianta e che possono essere staccati e rinterrati separatamente per dar vita a nuove piante. Secondo dei dati diffusi, nel giro di due o tre cicli annuali portano anche le infiorescenze.
L’annaffiatura delle orchidee pleione deve seguire con una certa precisione il ciclo di vita della pianta: in inverno ridurre al minimo le innaffiature (ogni 15 giorni o più), mentre d’estate anche ogni 3 o 4 giorni nei periodi di maggior caldo. I cambiamenti devono essere graduali e cominciare già da settembre e da febbraio.
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