Amaryllis belladonna

Cenni botanici su Amaryllis belladonna

L’Amaryllis belladonna è una pianta da fiore appartenente alla famiglia Amaryllidaceae. Originaria del Sud Africa, questa pianta è ampiamente diffusa e coltivata in buona parte del mondo a scopo ornamentale, insieme ad altre sette specie dello stesso genere (meno diffuse della belladonna). La specie originale è di colore rosa, ma attualmente esistono in commercio moltissime varietà prodotte artificialmente, che vanno dal bianco rosato al rosso vivo, alcune con colori doppi dei petali. il suo bulbo è ampio e piriforme, tunicato, dal quale si sviluppano lunghe foglie lanceolate, lucide e di colore verde vivo. Il lungo stelo carnoso reca all’apice una singola infiorescenza composta da sei o dieci fiori a forma di tromba, con lunghi petali ricurvi all’indietro, somiglianti a quelli dei comuni gigli. L’Amaryllis belladonna cresce spontanea in molte zone del mondo, e la sua coltivazione non richiede determinati accorgimenti.
Fiori di Amaryllis belladonna

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Riproduzione

Bulbo di Amaryllis belladonnaLa riproduzione dell’Amaryllis belladonna avviene esclusivamente tramite i bulbilli, dal momento che la pianta produce pochi semi, che impiegano molti anni a crescere e fiorire; nei vivai specializzati sono facilmente reperibili (a prezzi più alti rispetto ad altre bulbose), ma chi possiede già questa pianta può praticare l’asportazione dei bulbilli dal bulbo madre con estrema facilità. In estate, la pianta conclude il suo periodo vegetativo, quindi è possibile estrarre dal terreno il bulbo, che presenterà ai lati numerosi bulbilli già con foglioline ben formate; questi ultimi, una volta raccolti, vanno piantati in un substrato composto in parti uguali da terriccio organico e sabbia di fiume, dal momento che non tollera ambienti troppo umidi. Impiegheranno circa sei o sette anni prima di fiorire, ma durante questo arco di tempo vanno tenuti in un luogo ben esposto al sole e coperto, nei periodi invernali, con serre o materiali protettivi in pvc.

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3 Bulbi di Amaryllis belladonna (BULBI DA FIORE DELLA MASSIMA DIMENSIONE) (3)

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Curare l'Amaryllis

Varietà rosa e rossa di Amaryllis belladonna L’Amaryllis belladonna necessita di poche cure. Sebbene sia nativa di zone calde, si adatta bene in regioni con clima invernale mite, mentre teme le gelate improvvise e persistenti. In inverno, quindi, si consiglia di allestire una serra per proteggere le piante o, se possibile, tenere in casa i vasi. Il periodo vegetativo dell’Amaryllis belladonna inizia in autunno, con la comparsa delle foglie che dureranno fino a maggio dell’anno successivo. Quando le foglie saranno totalmente appassite, è bene eliminarle per evitare attacchi batterici o fungini (mai potarle quando sono ancora verdi). Dopo il periodo dormiente (da maggio/giugno fino ad agosto inoltrato), spunteranno dal terreno gli steli che daranno vita ai fiori; questi dureranno fino alla fine di settembre, dopodiché i bulbi riprenderanno un nuovo ciclo. Le innaffiature saranno abbondanti esclusivamente nel periodo della fioritura e della comparsa delle foglie, mentre, durante il periodo dormiente, lasceremo i bulbi ad una semplice umidità leggera, data da nebulizzazioni sporadiche.


Curiosità

Struttura chimica della bellamarina, principale alcaloide tossico dell'Amaryllis belladonnaIl termine Amaryllis deriva dal greco "amarysso", che vuol dire "splendere", ed il poeta Virgilio ne cita il nome per la prima volta nella sua opera le Bucoliche; un pastore di nome Titiro, canta ed elogia la bellezza di Amarillide, una pastorella di rara bellezza. L’epiteto belladonna, invece, fa riferimento alle corti veneziane del Settecento, dove l’Amaryllis era particolarmente diffusa ed usata (principalmente da cortigiane) per preparare unguenti e colliri. La specie risulta altamente velenosa per la presenza, soprattutto nel bulbo, di alcaloidi come la bellamarina, che provoca diversi disturbi all’apparato gastro-intestinale (vomito, diarrea) e al sistema cardio-circolatorio (aumento del battito cardiaco), sia nell’uomo che negli animali da pascolo. Gli indigeni del Sud Africa ne utilizzano il veleno per la preparazione di frecce utilizzati nella pesca e nella caccia.



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